Jerre Mangione

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Jerre Mangione Jerre (Gerlando) Mangione [(1909-1998), scrittore e saggista statunitense di origini siciliane, autore, tra l’altro, di Mount’Allegro (1943; Mont’Allegro, Franco Angeli, 1983), Reunion in Sicily (1950; Riunione in Sicilia, Sellerio, 1992); La Storia: Five Centuries of the Italian American Experience (con Ben Morreale, 1992; La storia. Cinque secoli di esperienza italo-americana, SEI, 1996)] “Un giorno viene a trovarmi un paesano: «La sta cercando il signor Gangarossa, perché c’è suo nipote venuto dall’America» «E che vuole questo nipote da me?» «Siccome è uno scrittore, qua nessuno ne capisce delle cose di cui lui parla. Vossia è l’unico che ne capisce, se oggi pomeriggio può venire a trovarla…» E il pomeriggio si presenta da me questo americano alto, magro, piuttosto elegante: Jerre Mangione. Faccio un salto dalla sedia. Guarda caso, un mese prima, sul «Politecnico» di Vittorini era apparso uno scritto sulla letteratura dei figli dei siciliani e degli italiani in America. Guido D’Agostino: Olive sull’albero di mele; Pietro Di Donato: Cristo fra i muratori, John Fante, e tanti altri… «Ma non c’è dubbio» scriveva Elio Vittorini «che il più colto, il più raffinato, il più importante, è uno scrittore non ancora tradotto in italiano, che si chiama Jerre Mangione.» Me lo trovo davanti. «Sei Jerre Mangione, lo scrittore?» «Sì. Io sugnu.» Parlava chistu siciliano ’ncarcatu. La sua famiglia era di Montallegro. Lui, invece, era nato in America. E il primo libro che aveva scritto, e che gli aveva dato la fama, si intitolava proprio Mont’Allegro, con l’apostrofo. Era già venuto in Italia durante il fascismo, e tornava ora – nel 1947 – per vedere la sua Sicilia, che adorava […] fra noi nacque una grande amicizia. Siamo stati assieme per due mesi. Tanto che il suo libro successivo, Reunion in Sicily, poi tradotto in italiano da Sellerio, è dedicato a «Andrea Bellini», che sarei io”  LP 181-182; “Jerre, che era un gran galantuomo – e cominciavano già i tempi duri della caccia alle streghe – pensa: se scrivo che il mio amico è comunista, non lo faranno mai venire in America. Quindi mi ribattezza Andrea Bellini per non rovinarmi la reputazione negli States, sperando che un giorno possa contraccambiare la sua visita” LP 182-183; “In quel periodo avevo scritto una commedia, Giudizio a Mezzanotte, la prima e l’ultima della mia vita. Leggo su un giornale il bando di un concorso a Firenze per una commedia inedita: il Premio Firenze, presidente della giuria, Silvio D’Amico, e fra i commissari, Guido Salvini. Il termine scadeva quattro giorni dopo. Arriva Jerre, con il quale ci incontravamo quasi quotidianamente – faceva grandi giri per la Sicilia ma tornava sempre a Porto Empedocle – e mi vidi arrabbiatu. «Che hai?» «Volevo partecipare con questa mia commedia a un concorso, ma non farò in tempo a consegnarla.» E Jerre prontissimo: «Posta aerea. Esiste la posta aerea». «Vero è, non ci avevo pensato.»” LP 183; “Nel dopoguerra, com’è noto, era difficilissimo trovare la penicillina. Durante una gita in una campagna sperduta, dopo Agrigento, scoprimmo una famiglia dove qualcuno stava morendo proprio per mancanza di penicillina. Jerre riuscì a farsela spedire par avion dagli Stati Uniti. E riuscimmo a salvare quella vita… Con Jerre ci saremmo rivisti altre tre volte, ci siamo scritti, ci siamo tenuti in contatto. È morto da poco, a ottantadue anni” LP 183-184; “Venne premiato Jerre Mangione, che per l’occasione tornò a Porto Empedocle. Fu proprio Sciascia, presidente della giuria, a proporre di scegliere Jerre, del quale l’editore Franco Angeli aveva da poco pubblicato Mont’Allegro. Il cinema era gremito per la presenza di Sciascia, mentre Jerre non lo conosceva nessuno. Anche quella, con Leonardo e Jerre Mangione, fu una serata indimenticabile” LP 247; “In sintesi: durante tutto il tempo che trascorremmo insieme – dalle undici del mattino alle sei del pomeriggio, pranzo incluso –, non ho fatto altro che rispondere alle sue [di Elio Vittorini] domande. E le sue domande non erano culturali. Non si parlò mai di libri. Salvo del fatto che gli dissi di avere conosciuto personalmente Jerre Mangione” LP 252; “Il mio amico scrittore americano, Jerre Mangione, si sentì in dovere – negli anni Cinquanta – di pubblicare un libro negli Stati Uniti intitolato I siciliani non sono solo mafia. Lo scrisse in inglese per conto del dipartimento di Stato, e non è mai stato tradotto, ma è un libro bellissimo che merita di essere letto” LP 276; “In quei giorni avevo fatto amicizia con uno scrittore americano, Jerre Mangione. Pensa che Vittorini nello stesso periodo, su “Il Politecnico”, scriveva che gli scrittori americani di origine italiana che valevano erano Pietro Di Donato, John Fante e, il migliore di tutti, Jerre Mangione. Jerre era in Sicilia e stava scrivendo Reunion in Sicily, che poi ebbe un enorme successo e che volle dedicare a me. […] Jerre, che aveva già visitato l’Italia durante il fascismo, appena finita la guerra aveva deciso di tornare per fare una ricognizione nei suoi luoghi d’origine. Suo padre era di Montallegro, un paese vicino a Porto Empedocle. Lui parlava il siciliano, non l’italiano, come tutti i veri figli di emigranti parlava l’americano e il siciliano. Aveva studiato, s’era fatto una posizione ed era diventato uno scrittore famoso con il suo primo bellissimo romanzo, Montallegro. Quando morì, decano dell’Università di Yale, era un personaggio molto importante: non era solo un romanziere ma anche uno studioso di letteratura. Era stato messo da Roosevelt a capo del Writer’s Committee, la commissione per gli scrittori. Fu lui che ricevette per primo Brecht negli Stati Uniti. C’era, messa a disposizione dall’amministrazione Roosevelt, una grandissima villa, con un parco immenso, dove gli scrittori, i filosofi, gli artisti esuli dalla Germania nazista o dal fascismo trovavano la prima ospitalità: su questo ha scritto un libro meraviglioso che è un peccato non tradurre in italiano. Jerre venne in Sicilia dai suoi parenti e quando cominciò a chiedere notizie di qualcuno che si intendesse di letteratura gli dissero che doveva assolutamente conoscere Andrea Camilleri. Lo portarono a Porto Empedocle e diventammo amici per la pelle. Qualche anno fa gli consegnammo un premio molto importante e Leonardo Sciascia fece una relazione su di lui d’una lucidità strepitosa. Nel ’48 era venuto accompagnato da una donna che, pur non essendo bella, aveva un fascino irresistibile. Gli chiesi: “È la tua donna, Jerre?”. “No, lei piace donne. È scrittrice, si chiama Carson McCullers. Mi venne un colpo. L’autrice di Riflessi in un occhio d’oro, Il cuore è un cacciatore solitario. Fumava come una dannata. Insomma fu Carson McCullers, che parlava solo inglese, a dire a Jerre: Andrea ha il problema di fare arrivare in tempo il suo testo a Firenze? Ma non esiste la posta aerea? Elementare Watson. Esisteva, e lo spedii per posta aerea. Ecco perché t’ho raccontato di Jerre, perché se non era per Carson McCullers forse non avrei vinto il premio con quel che ne seguì.” OMN 270-271; “Con l’esercito americano era venuto a Porto Empedocle anche uno scrittore siculo-statunitense che si chiamava Jerre Mangione, era originario di Montallegro. Stringemmo una forte amicizia e un giorno che mi venne a trovare in campagna, gli proposi di raggiungere Monserrato. […] ci vennero incontro due uomini, dicemmo loro che avevamo fatto una passeggiata e che volevamo ristorarci e se potevano darci un po’ d’acqua. Invece ci fecero entrare in casa e ci offrirono del vino freschissimo poi si scusarono perché dovevano portare in paese da un medico una loro sorella che stava molto male. Jerre disse loro che sarebbe stato disposto ad accompagnarli all’ospedale militare e loro accettarono” EM 232-233; “la ragazza intanto era pronta e scendemmo verso il paese. Jerre, quando arrivammo davanti alla grande tenda che era l’ospedale militare, parlò con un tenente e subito due infermieri presero la ragazza con una barella e la portarono dentro, noi restammo fuori ad aspettare. Dopo un’ora uscì un ufficiale medico che parlò con Jerre, il quale ci spiegò che la ragazza sarebbe stata trattenuta per qualche giorno nel reparto femminile e che sicuramente con qualche iniezione di una nuova medicina che si chiamava penicillina, allora da noi assolutamente sconosciuta, se la sarebbe cavata. Aggiunse che i suoi fratelli potevano tornare a visitarla ogni giorno. Dopo circa un mese, proprio il giorno avanti che Jerre ripartisse per gli Stati Uniti, si presentò uno dei fratelli, veniva a ringraziarci perché sua sorella ormai era fuori pericolo ed era entrata in convalescenza” EM 235 (g.m. marzo 2025).