jardinu/jardino/iardini
jardinu/jardino/iardini [giardino] “La casa del marchisi Minacore se l’arricordava come una bella villa a tre piani, col jardino torno torno. Quanno ci arrivò davanti, pinsò d’aviri sbagliato, tanto la villa ci parse diversa. Il cancello granni, in ferro battuto, era stato levato e al posto del giardino c’erano solo petri e pruvulazzo” RG 264; “Davanti alla bella scalonata della villa, ci stavano due carretti, uno vacante, l’altro che aveva sopra tre sacchi. Zosimo s’avvicinò. Non erano sacchi, erano malati ch’erano morti mentre li stavano portando al lazzaronetto. Zosimo sentì parlare e lamentiarsi. Ma le parole e i lamenti non venivano da un posto priciso del jardino” RG 265; “Quanno niscì novamenti su quello ch’era stato il jardino, capì ch’era stato affortunato a starsene per mesi allo scuro dintra un fosso” RG 266;
“La carrozza si è fermata davanti a una villa lussuosa con un granni jardino che s’attrova propio alla trasuta del paìsi” PT 219; “Dalla piazza si partivano le strate fiancheggiate dalle abitazioni per i contadini: casamenti lunghissimi e a un solo piano che parivano gaddrinai modello. Qua e là iardini e funtane” PT 227; “L’architetto fotografa macari qualichi casa nova, e vera, del paìsi, una fontana recenti, dù jardinetti, il novo consorzio agrario, il novo spitali” PT 279; “Ma che minchia di palazzi flabbicavano nella Merica? Àvuti àvuti, ma accussì àvuti che a uno ci pigliava la virtigini quanno s’attrovava a travagliare al trentesimo piano e arrischiava di annare a catafuttirisi abbascio. Però, quanno caminava citate citate, Gnazio vidiva àrboli assà e tanti belli jardini. «Ma cu ci abbada all’àrboli e ai jardini?» spiò un jorno a Tano Fradella” MMU 15; “Gnazio scrissi la dimanna a lu municipio, la dimanna vinni accettata, lo portaro in un jardino, lo vittiro travagliare e una simanata appresso se lo pigliaro come jardineri” MMU 16; “Quanno era nella Merica ’na vota l’avivano mannato a travagliare in un loco indove c’erano tanti armàli, lioni, liofanti, gioraffi, ursa, che era ditto jardino zologico” MMU 72; “Riattraversarono il saloni delle armature, niscero fora da una delle porte-finestre ma inveci di pigliari il vialone, Lo Duca girò subito a mano manca. Qui c’era un jardino assà ben curato, con tri gazebi” PS 99; “Pigliò la strata non asfaltata e doppo tanticchia passò davanti al quarto villino. Finestre ’nserrate, saracinesca del garage calata. Ma il cancello era aperto pirchì un vecchio travagliava nel jardino che era tinuto bono” CV 117; “Il 22 di via Bixio, che a un certo punto addivintava ’na vera e propia trazzera, corrisponniva a ’na casuzza nica nica a un piano, circunnata da quello che ’na vota doviva essiri stato tirreno a mezzo tra un orto e un jardino e che ora era completamenti abbannunato” DG 208; “jocava con altri picciliddri nella parti del jardinetto più vicina alla strata” RIZ 106; “Tornò in machina e s’addiriggì verso un altro ristoranti che sapiva aperto fino a tardo. C’era un piccolo jardino con una decina di tavoli e uno non era occupato” RIZ 191; “Finero di mangiare e annarono a trovarlo nel bersò. Che non aviva nenti a chiffare con un bersò, era chiamato accussì nella parlata famigliare, ma in realtà si trattava di un granni capanno di ligno e stoffa, che viniva smontato a fini stascione, allocato proprio in punta al jardino, indove finiva la terra e, fatti quattro scaluna, accomenzava la rina della pilaja privata” RIZ 204; “Il villino, che aviva un piccolo jardino davanti, era circonnato da ’na cancillata di ferro, ma sulo dalla parti di davanti” CTE 257; “«Vieni, andiamo in terrazza». «E se ci vedono?». «Non possono vederci. Fidati». La seguì. La terrazza era enormi, come aviva ’mmaginato. Ma quello che l’impressionò fu la gran quantità di piante, di sciuri, di rose. Ecco non lungi un bel cespuglio vede / di spin fioriti e di vermiglie rose… Oddio! Arricomenzava con l’Ariosto! Ma non ci potiva fari nenti, troppo combaciava l’Angelica che aviva allato con quella della sò memoria di picciotteddro. Pariva d’essiri dintra al jardino dell’Eden. Il profumo dei gersomini sturdiva” SA 165; “Con Mariannina aviva provato quello che non era lecito provari. Epperciò aviva commisso il piccato d’adulterio. E ora, ’na vota accanosciuto quant’è bello il gusto di mangiari la frutta del jardino dell’autri, c’era il piricolo che la cosa s’arripitiva con qualichi autra fìmmina” GCT 207; “Gustare l’arancini d’Adelina era ’na spirenzia assoluta, esistenziali, ’na vota che uno l’aviva assaggiati ne consirvava eterna mimoria come di un paradiso pirduto. Perciò l’offerta di tornari per una sira nel jardino dell’Eden non era cosa che si potiva arrefutare a cori liggero” GSP 39; “Per tornare a la sò bitazione, don Anselmo doviva per forza passare davanti a palazzo Cammarata che stava allocato solitario in una strata che s’acchiamava macari issa Cammarata. Nobiltà infatti voliva che il palazzo non avissi vicinanza con altri flabbicati, pigliava tutta la strata e davanti aviva sulo il firriato, il jardino di casa” SAN 28; “E si immaginò appinnuto per i pedi all’àrbolo di mezzo del jardino comunali, come era capitato trent’anni avanti a un suo predecessore, il sinnaco Bonifazi” SAN 48; “lu principi Don Petru e lu conti Claudiu passiavanu ’nda lu me’ jardinu” TTPN 26; “Diu vidi li piccati di l’omini, comu nui videvu chiddi ammucciati ’nda lu jardinu!” TTPN 100; “comu vui stissu ’ngannò purtannuvi ’ndo jardinu sutta la finestra a vidirimi ’ntriscari ccu Margherita vistuta comu Eru” TTPN 103; “Ora s’attrovava nel jardino del villino. Commodo. Uno arrivava con la machina in via Brancati, la mittiva nel garage e annava nel villino attraversanno il jardino, senza bisogno di rifarisi a pedi la strata” VN 199; “Dal balconi si vidiva il garage e tutto il jardino del villino” VN 208; “lo vidiva attravirsari il jardino e po’ scompariri doppo aviri passato l’angolo del villino” VN 209; “ ’na trentina di ’ste fìmmine si erano arrefuggiate nel jardino della nostra villa” RIL 74; “La secunna villetta era propio sulla strata, il jardino l’aviva darrè” GSC 71; “E taliassi ccà, no jardino! I vidi chi partualli? Una magnificenza! […] E chisti lumìe? U profumo l’havi a sentiri finu a unni si trova vossia!” QM 67 “Poco distanti vitti a Gersomino Scialla, il custodi, che curava ’na filera di rosi. Gersomino ci tiniva che il camposanto parissi un jardino” CF 64; “don Ciccino mi chiamò pirchì voliva essiri aiutato ’n jardino […] Quanno finemmo ’n jardino, che erano le deci passate” RP 110; “O ghittarisi dintra al pozzo che stava nel jardino” RP 123; “La prima cosa che l’ammaravigliò niscenno fora dalla machina fu il jardino della villetta, che macari tanto villetta non era. Montalbano si firmò a contemplarlo: tutto il muretto torno torno alla villa era completamenti cummigliato di sciuri, i cui colori avivano le gradazioni dell’arcobaleno. Violetti splapiti che da ’na latata addivintavano rosa, e dall’autra blu, i gialli che si scangiavano in arancioni, e sutta il virdi cchiù rigoglioso. Quanno sonò, gli si raprì il cancello e s’arritrovò davanti a un cammino di rosi sarbaggie niche niche e sciaurose che s’arrampicavano squasi a formari ’na speci di galliria che finiva al portoni della villa. Trasenno dintra si ’ntravidivano vialetti che avivano sempri rosi di diverso colori e di diversa grannizza” CB 36; “Montalbano s’addunò del vaso di sciuri che era supra al tavolineddro. Le stisse identiche rose del jardino di Serena” CB 44; “Torno torno la casa c’era “u jardinu”, un ettaro d’àrboli da frutta: aranci, mandarini, limoni, limongelli, pistacchi, peri, piriddra, piriazzòla, melograni, fichi, gelsi, azzalòri, pomi, nèspoli, peschi, arbicocchi. Me li ricordo uno ad uno. C’era anche qualche filare di racìna, uva da tavola. Era il mio paradiso terrestre, dal quale venivo assai spesso scacciato da dolori di panza improvvisi e lancinanti che m’obbligavano a correre alla disperata verso casa. Finché un mio coetaneo capraro m’insegnò la suprema felicità di farla nel campo stesso, con le pàmpine di vite a far da carta” CDC 28; “Restavano i mobili imponenti e “u jardinu” con la sua “passiata” un lungo viale sormontato da archi che sorreggevano intelaiature di fil di ferro interamente ricoperte di roselline bianche” CDC 30; “Morti i nonni, invecchiati gli zii, spersi i nipoti, la casa principiò a sentirsi trascurata, “u jardinu” s’inselvaggì, caddero gli archi” CDC 31 (i passi presenti in CDC erano comparsi, nel 1995, in RCC s. i. p.) (g.m. novembre 2024).