zara bazàra

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zara bazàra (zara zabara; zarazabara) (Zara bazàra (espressione intraducibile che si può tentare di far capire con «voltala come vuoi sempre è cocuzza»; zara zabara per dirla in dialetto o mutatis mutandis per dirla in latino) [girala come vuoi, è sempre la stessa cosa!, in un modo o nell’altro; “bbażżara […] f. in żżara e bb. un cantaru e-vvinticincu l’una cosa vale l’altra” (Piccitto); “Insomma, di questa indagine, zarazabara, se ne deve occupare lei” LC 33; “Possibile che le cose non cangiavano mai? Zarazabara, si annava sempri a finire tra parentele perigliose, collusioni tra mafia e politica, tra mafia e imprenditoria, tra politica e banche, tra banche riciclaggio e usura...” VA 114; “Zara zabàra, mi veni sempri a sostiniri che il signor Zeta è uno dell’elenco!” SA 151; “Perciò, zarazabara, a Cilistina la doviva tirari fora” RIL 102; “«Zara zabara, ora devo chiamare a Lattes per forza» concludì il commissario” CAL 112; “ma, zarazabara, sempri scarsi di ciriveddro ristavano” RIC 18; “Ad ogni modo la conclusioni era che, zarazabara, la palla era stata rilanciata a lui” RIC 98] SD 23; FA 79 (86).