Cammarino di commodo / camarín de cómodo
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Cammarino di commodo / camarín de cómodo
L’espressione vigatese cammarino di commodo è composta da due termini ampiamente presenti nell’opera dello scrittore di Porto Empedocle.Il vocabolo ‘cammarino’ (in siciliano ‘cammarinu’: “m. dim. di càmmara. 2. stanzetta che serve da ripostiglio. 3. […] camerino degli stabilimenti balneari. 4. […] latrina, ritirata” G. Piccitto, Vocabolario siciliano, Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Catania-Palermo, 1977, vol. I, p. 534) designa una piccola camera che ha molteplici funzioni (come nel caso del ‘camerino’ italiano, che nel linguaggio familiare e ormai caduto in disuso anche indicava la toilette, o il ‘bagno’, come poi è stato chiamato, una volta dotato di acqua corrente calda e fredda e di moderni sistemi igienici); mentre ‘commodo’ definisce il vaso destinato a raccogliere i bisogni corporali. Lo vedremo meglio più avanti, dopo aver considerato il ricorrere della parola e dell’espressione nei diversi titoli camilleriani: “aveva otto anni e sua madre se l’era scordata chiusa dentro un cammarino” SC 79; “non c’era manco nel cammarino del commodo” SC 93; “traso nel cammarino di commodo e appena s’assetta sul càntaro, gli sistemo una botta sulla testa col calcio del revorbaro e lo lascio morto” BP 59; “Nel cammarino di commodo il preside non c’era” BP 60; “Mezzo teatro di colpo si svuotò, e scoppiarono liti e azzuffatine sulle precedenze, davanti ai cammarini di comodo” BP 156; “C’era un cammarino con la tazza e il lavabo, un asciugamani sporco” LM 130; “andava ad assittarsi in una specie di cammarino-salotto dove si sentiva meglio il suono” VV 24; “Tornò Galluzzo a dire che la Scientifica si era spostata nel bagno e nel cammarino” VV 32; “«Faccia presto, sta per cominciare» disse la signora Clementina guidandolo nel cammarino allato al salotto” VV 180; “Si trovarono in un ampio cammarino trasformato in dispensa e ripostiglio” MM 334; “Dal momento ch’era entrato nel cammarino un violento feto di ràncido l’aveva pigliato allo stomaco” MM 334; “«Di là c’è posto?» spiò Montalbano trasendo nella trattoria San Calogero. “Di là” veniva a significare un cammarino piccolo, con due tavolini.” MM 411; “patre Artemio era stato necessitato a chiudersi nel cammarìno di còmmodo per dare soddisfazione a un bisogno naturale” MC 13; “Il cavaleri trasì nel cammarìno di còmmodo, si puliziò come uno sposino novello, s’infilò dintra al letto” MC 36; “il cavaleri si era precipitato nel cammarìno senza finestra allato alla cucina indovi che ci dormiva la cammarèra” MC 44; “gli era macari smorcato un distrubbo di panza, il nirbùso di certo, che l’obbligò a passare più tempo nel cammarìno di còmmodo che nelle altra càmmare” MC 63; “Raprì la porta del cammarìno di còmmodo, sturcì la bocca per la puzza, il cantaro era pieno” MC 89; “Chiuse la porta del cammarìno da bagno, s’infilò in acqua nella vasca di zinco” MC 235; “Stavano affacciabocconi, li avevano ammazzati con un solo colpo alla nuca, dopo aver loro ordinato d’inginocchiarsi dintra a una specie di cammarino senza finestra, una volta forse una dispensa” GT 145; “Dopo un’orata di malo stare, si susì dal letto a pedi lèggio, andò nel cammarino di commodo e vomitò” BFC 55; “una cosa a mezzo tra la frutta marciùta e quello del cammarino di commodo dopo che uno ci aveva fatto i suoi bisogni” BFC 58; “sa che se porta un boccone alla bocca gli toccherà di correre nel cammarino di commodo e dare di stomaco” BFC 79; “Si susì con calma, andò in bagno, si spogliò, si lavò e prima di nesciri dal cammarino si taliò allo specchio” ON 124; “Cercarono nel soppalco, in un cammarino ricavato dal sottoscala” ON 130; “C’erano un tavolo longo, due panche, quattro seggie. In fondo, tre cammarini che erano un retrè e dù docce” PM 148; “Erano le cinco passate del matino, aveva a longo tenuto la testa sutta l’acqua per farsi alleggerire l’intronamento dovuto a tutto il tempo ch’era stato chiuso dintra a un cammarino con l’ululante signora Ciccina” PM 299; “Tutt’inzemmula sentì veniri la voci di sò marito dal cammarino della criata” PRM 17; “tò patre voli che noi dù dormiamo ’nzemmula nel cammarino indovi una volta ci durmiva la criata” PRM 183; “Tornò di cursa nel cammarino in tempu per vidiri che Marietta si era mossa” PRM 210; “Michilino trasì nel cammarino” PRM 211; “S’avvicinò a pedi leggio al cammarino” PRM 215; “Tornò nel cammarino” PRM 218; “Per commodità, ’u papà addecise che avrebbe dormito lui nel cammarino” PRM 248; “Siccome era guarutu, tornò a dormiri con Marietta nel cammarino, mentri ’u papà ripigliò pussessu del lettu granni” PRM 251; “quel fetu aumentò di minuto in minuto fino a fargli addivintari l’aria del cammarino irrespirabili” PRM 256; “Po’ finalmenti arrinisciva a cataminarsi, a curriri verso il cammarino” PRM 264; “Si susì di cursa, pigliò un bicchieri, ci mise tanticchia d’acqua e andò nel cammarino” PRM 270; “Tornò nel sò cammarino, s’agginocchiò, si fece la cruci, prigò” PRM 273; “Potiva accomenzare a flabbicare un cammarino di commodo, dù metri per dù, vicino alla dispenza, indove ci avrebbi messo i càntari” MMU 45; “La meglio, ’ntanto, era finiri di flabbicare il cammarino di commodo” MMU 47; “La secunna, pricisa ’ntifica alla prima, l’allocò tra la casa e il cammarino di commodo” MMU 87; “La guidò alla cisterna vicina al cammarino di commodo. Lei la taliò, acchianò supra la scala, arrivò ’n cima, si calò a taliarla di dintra, scinnì. «Bona. E quello che è?» «Il cammarino di commodo».” MMU 91; “Po’ passaro nel cammarino del forno” MMU 92; “Di colpo, parse che dintra al cammarino era spuntata ’na luna tunna tunna, bianca, liscia, lucenti” MMU 92; “a tri metri, un cammarino di commodo di dù metri per dù” MMU 117; “era passato nello spogliatoio, un cammarino stritto e longo che aveva una parete interamente pigliata da un armadio a muro bianco” TGR 8; “Per lui, Adele aveva fatto accomodare un cammarino che comunicava attraverso una porticina con l’adiacente cammara da letto dove lei continuava a dormire da sola. Nel cammarino ci trasivano a malappena un lettino, il comodino e una sedia. Più che altro, una cella” TGR 33; “Forse Adele gli aveva fatto allestire il cammarino perché era lei a cominciare a sentirsi stanca degli incontri fora di casa” TGR 34; “E poi considera quanto ci staresti a disagio dintra a quel cammarino se dovessi starci tutto il giorno. Soffocheresti” TGR 35; “Passati nel cammarino-spogliatoio, Adele non ebbe esitazioni a scegliersi il vestito” TGR 126; “Adele stava telefonando dal cammarino col cellulare” TGR 131; “Macari la tenda nica, che sirviva da cammarino di commodo, era stata sradicata” SON 165; “Un cammarino di commodo accussì granni e bello con l’acqua correnti non l’aviva mai viduto. E c’era macari ’na vasca di zinco che si inchiva d’acqua e uno ci si potiva fari ’u bagno dintra.” SON 179; “Darrè alla càmmara di letto avivano flabbicato un cammarino di commodo” SON 188; “E ci stava macari un cammarino di sgombro indove ci si potiva mettiri un altro littino, un armuàr nico e un tavolinetto” GCT 220; “«Nel cammarino di sgombro. È bastevolmente capiente per il littino, la scrivania e un armuàr nico. E c’è macari ’na finestra” GCT 229; “Non sulo, ma fici mettiri il tilefono nell’anticàmmara e s’accattò ’na televisioni che si portò nel cammarino” GCT 229; “’nserrato nel sò cammarino” GCT 230; “niscenno di prima matina dal cammarino per annarisi a lavare” GCT 231; “Siccome che non potiva dari lezioni nel cammarino di sgombro, persuadì all’universitario che stava nella sò ex càmmara a trasferirisi nel cammarino paganno la mità di quello che pagava” GCT 233; “E appresso aviri chiuiuto macari la finestra del cammarino di sgombro, si ghittò supra al littino” GCT 236; “un commisso mi portò in uno dei cammarini per la prova” GSP 97; “sintii trasiri a dù pirsone nel cammarino allato, ch’era l’urtimo della fila” GSP 98; “«Si vidi che la tendina divisoria tra i dù cammarini non era stata tirata bona, pirchì il mè specchio arriflittiva l’immagini dello specchio del cammarino allato e…». «Un momento. Se gli specchi nei cammarini stanno affiancati, vali a diri orientati tutti nella stissa direzioni, il tò specchio non potiva arriflittiri l’immagini che…». «’Nveci sì, pirchì lo specchio dell’urtimo cammarino non era collocato ’n funno e propio ’n facci alla trasuta come a tutti l’autri, ma nella latata di destra” GSP 98; “non fici che pinsari a Liliana e ad Arturo che si vasavano di straforo nel cammarino di prova” GSP 99; “«Pò essiri che non l’hai viduta pirchì s’attrovava dintra a un cammarino di prova con una clienti». «Macari a questo ho pinsato, che ti cridi? Mi sono piazzato davanti alla fila dei cammarini e ho aspittato” GSP 149; “Sinni annò nel cammarino di commodo” SAN 32; “Si vistì di cursa e trasì nel cammarino del picciotto” SAN 80; “pinsò che era annato nel cammarino di commodo” RPO 256; “Il cammarino era vacante” RPO 256; “Era già capitato dù vote nel misi passato che a don Angel gli era scappato un bisogno urgenti, ma, tra scinniri dal troniceddro, traversari il saloni, raggiungiri il sò appartamento, arrivari nel cammarino di commodo, orinari, tornari, riattravirsari il saloni e acchianare i tri scaluna si era persa minimo ’n’orata. La soluzioni attrovata dal protonotaro e fatta arrivari discretamenti al Viciré era la meglio. I dù commissi raprero il paravento davanti al troniceddro e po’ ci scomparero darrè. ’N silenzio, tutti ascutaro la sciatata podirosa e faticosa del Viciré che si isava addritta e po’ la rumorata del liquito che schizzava dintra al vaso di porcellana. Ci volliro deci minuti boni. Po’ finalmenti Miccichè ricomparse col rinale cummigliato e niscì dal saloni mentri che Foti, ripiegato il paravento, gli annava appresso” RIL 23; “Il baronello Tricase stabilì che da quel momento ’n po’ sò mogliere non avrebbi cchiù mangiato con lui, ma da sula e sirvennusi da sula, in un cammarino allato alla cucina indove mangiava la sirvitù” RIL 48; “Accussì il catafero, che il jorno avanti era stato biniditto da Don Asciolla, il parrino della cappella, vinni ’ncasciato, portato in un cammarino appositamenti priparato, e posato supra a un trespolo di ferro” RIL 50; “Allura si ’nchiuì nel cammarino di commodo, si spogliò nudo e si lavò tutto per rinfriscarisi” RIL 54; “«Al pianoterra» spiegò don Simone «ci stanno la cappella, il refettorio, la cucina, dù cammarini di commodo, un ufficio e il saloni indove le povire orfanelle ’mparano il cusuto” RIL 57; “Avrebbi continuato a taliare dintra a tutte le vinti celli e macari dintra ai dù cammarini di commodo” RIL 59; “L’ufficio era un cammarino accuposo, con una finestra nica, chino di carti” RIL 81; “«Fammi priparari l’acqua càvuda». Quanno Pippino gli dissi che l’acqua era pronta, annò nel cammarino di commodo e ci ristò un’ura lavannosi centilimitro doppo centilimitro” RIL 142; “L’incendio si è sviluppato dintra a un cammarino, chiuttosto granni, che c’è ’n funno al corridoio a pianoterra. Sirviva da guardarobba per i linzoli, le federe dei cuscini…” MMA 16; “’Sto cammarino aviva ’na finestra?” MMA 16; “Il cammarino era spazioso assà e illuminato da faretti a luci càvuda. Ci stavano ’na specchiera a tri ante, dù seggie, ’n appendiabiti di mitallo e un tavolinetto” ACF 33; “«Nicola, per piacere, andiamo a fare la prova». Elena, con passo spidito, lo priciditti nel corridoio verso il cammarino, seguitata dal vecchio sarto che tiniva ’n mano ’na gruccia supra alla quali ci stava della roba appisa” ACF 98; “all’altizza del cammarino, raprì ’na porticeddra indove che si vidivano delle scali” ACF 100; “S’arritrovò davanti al cammarino di prova e s’addiriggì verso il salone” ACF 109; “Meriam era nel cammarino di prova” ACF 264; “Era capitato dù misi avanti, alla fini di luglio, un doppopranzo che faciva un càvudo che si tagliava col cuteddro e lui e Concittina si erano vinuti ad attrovari suli nel cammarino di darrè del magazzino…” CF 170; “Aviva pigliato a sei commesse fìmmine, quattro per il riparto donna e dù per il riparto omo, i cammarini di prova erano tutti con gli specchi a tri lati e belli spaziosi, la merci era disposta in modo tali che i clienti stissi potivano vidirla da vicino, toccarla, sceglirla con commodo” CF 220; “s’addiriggero l’uno allato all’autro nel cammarino indove ci stava il matriali per fare il cafè” MCAT 25; “Scimè lo guidò fino al retropalco indove erano stati arricavati, sempri con tramezzi di ligno, dù gabinetti, quattro cammarini e ’n ufficio chiuttosto spaziuso” MCAT 124. Nel lessico camilleriano il ‘cammarino’ è presente da La stagione della caccia (1992) a Il metodo Catalanotti (2018) e ha una gamma di significati relativi al possibile utilizzo di un ambiente di dimensioni tanto ridotte: stanzetta (talora senza finestra), ripostiglio, dispensa, salottino (“andava ad assittarsi in una specie di cammarino-salotto” VV 24), locale destinato a stanza della cameriera (“cammarino della criata” PRM 17), vano in cui è ubicato un forno rustico (“cammarino del forno” MMU 92), spogliatoio (“cammarino-spogliatoio” TGR 126), locale per la prova in un negozio di abiti (“s’attrovava dintra a un cammarino di prova con una clienti” GSP 149), guardaroba (“L’incendio si è sviluppato dintra a un cammarino, chiuttosto granni, che c’è ’n funno al corridoio a pianoterra. Sirviva da guardarobba per i linzoli, le federe dei cuscini…” MMA 16), stanzino dove è sistemata la macchinetta del caffè (“s’addiriggero l’uno allato all’autro nel cammarino indove ci stava il matriali per fare il cafè” MCAT 25), stanza che negli studi cinematografici e nei teatri è destinata agli attori o ai cantanti (“Scimè lo guidò fino al retropalco indove erano stati arricavati, sempri con tramezzi di ligno, dù gabinetti, quattro cammarini e ’n ufficio chiuttosto spaziuso” MCAT 124).
Il vocabolo significa, dunque, stanzetta, ripostiglio, gabinetto, locale riservato agli artisti, cabina per la prova degli abiti in un negozio di abbigliamento.
Le cose si complicano, e divengono più interessanti, quando al ‘cammarino’ si aggiunge la specificazione ‘di commodo’. Prima di arrivarci, diamo uno sguardo all’italiano (ormai obsoleto) ‘comodo’ che, tra i suoi significati, ha anche quello di “luogo ove soddisfare le necessità del corpo” (N. Tommaseo e B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, BUR, 1977, vol. 5, p. 381).
Il siciliano ‘còmmodu’ vale “stanzino di decenza, latrina”, “orinale, vaso da comodo, seggetta” (G. Piccitto, Vocabolario siciliano, cit., vol. I, p. 758), e già Leonardo Sciascia, prima in Kermesse (1982) e poi in Occhio di capra (1984), ne dava una sapida spiegazione, descrivendo la sventura di uno zolfataro “dedito al vino e al gioco di carte” che “tristemente rincasando si sentì piovere addosso, da una finestra rapidamente aperta e richiusa, il copioso contenuto di una «commoda», («commoda», comoda, era un vaso cilindrico di coccio stagnato, alto quanto una sedia, gli orli robustamente slabbrati in modo da potercisi sedere – comodamente – sopra: il vaso, insomma, che la seggetta conteneva)” (L. Sciascia, Occhio di capra, in Opere, vol. II, a cura di P. Squillacioti, Milano, Adelphi, 2014, p. 1138).
Un ‘cammarino di commodo’ è, dunque, un piccolo locale dove è disposto un ‘càntaro’ (in italiano ‘cantero’, orinale, pitale). Dobbiamo ora fare una breve sosta perché questo umile oggetto gode di insigne tradizione letteraria. Occorre citare in primo luogo Sciascia: “Don Ferdinando Trupia, da cinquantanove anni socio del circolo, solennemente dichiara – io ho sempre pisciato qui, volete che non mi ricordi?, io niente mi scordo – ma pare che altri vecchi soci così sicuri non siano. […] Si alza dalla poltrona e si trascina dietro per le sale un grappolo di soci, pare una guida da museo, il bastone alzato a far sorgere o crollare pareti, per dare l’idea dell’antica topografia: arriva alle latrine e puntando il bastone conclude – e qui c’è sempre stato il cesso; prima c’erano i càntari, poi hanno messo il cesso all’inglese; ai tempi della guerra di Libia già c’era l’impianto all’inglese” (L. Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra (1956), in Opere, cit., vol. II, p. 172), quindi Tomasi di Lampedusa: “Da quella parte l’aria sarebbe stata buona e la calma assoluta se sotto la terrazza, a un dislivello di una decina di metri, non si fosse trovata una enorme vasca nella quale tutto il giorno le donne di Torretta, ‘cantaro’ in spalla, venivano a riversare il sovrappiù dei loro pozzi neri. Di modo che all’odore di escrementi non si sfuggiva a Torretta né da una parte della casa, né dall’altra” (G. Tomasi di Lampedusa, Ricordi d’infanzia, in Id., Opere, a cura di N. Polo, Milano, Mondadori, I Meridiani, 2011, pp. 484-485) e, infine, D’Arrigo: “Jacoma, malanova: ancora col mascherone in mostra, col càntaro che fete lontano un miglio” (S. D’Arrigo, Horcynus Orca, Milano, Mondadori, 1975, p. 30), “Un boccazzaro come quello, pirdeu, che lui stesso si pisciava di sopra, chiacchierone fottuto, e si faceva da càntaro” (Ivi, p. 31). Si potrebbe continuare, ma è tempo di tornare a Camilleri che il ‘cammarino di commodo’ (o ‘del commodo’) evoca, come visto, in molti romanzi.
Ciò che interessa osservare è la tipologia di tale servizio igienico che appare talvolta dotato di acqua e quindi può essere facilmente ripulito, altre, più rudimentalmente, ne è sprovvisto (“Raprì la porta del cammarìno di còmmodo, sturcì la bocca per la puzza, il cantaro era pieno” MC 89), con la conseguente necessità di spiegare i successivi passaggi, esplicitati nell’ordine impartito a un servitore: “piglia u càntaro e vallo a svacantare darrè la casa, nel fosso, e dopo lo lavi con l’acqua del pozzo” MC 89). Il protagonista di Il sonaglio, di umile estrazione, osserva non senza meraviglia le dotazioni idrauliche che la ricchezza del nobile proprietario può consentire: “Un cammarino di commodo accussì granni e bello con l’acqua correnti non l’aviva mai viduto. E c’era macari ’na vasca di zinco che si inchiva d’acqua e uno ci si potiva fari ’u bagno dintra” (SON 179).
Chi pensi che ci stiamo dilungando a osservare una miseranda (e fetida) materia, ricordi che, conversando tra loro sul medesimo argomento, Tullio De Mauro e Andrea Camilleri hanno ricavato pregevoli osservazioni di carattere linguistico e sociale. Su una, in particolare, vorrei soffermarmi perché, come afferma De Mauro, “il lessico della toilette è interessante”. L’osservazione viene dopo le parole di Camilleri che aveva spiegato: “Il bagno era la conquista di alcuni contadini al mio paese, e lo chiamavano beccàus, dall’americano back house. Mentre prima si chiamava ’u retrè, cioè a dire la ritirata. Di ritorno dall’America dal francese retrait si passò all’inglese beccàus” (LBDD 40). Inizia, così, una elencazione di nomi che dal greco aphedrón, ‘sedia appartata’, al latino secessum (da cui l’italiano ‘cesso’), giunge al romanesco camerino o stanziolino. De Mauro termina il ragionamento con la citazione di un sonetto del Belli che elogia la varietà sinonimica della lingua romana e conclude: “per esempio noi dimo ar cacatore: commido, stanziolino, necessario, / logo, cesso, ladrina e monsignore” (LBDD 41).
Camilleri, a questo punto, non può fare a meno di commentare: “Còmmodo in siciliano… quando c’erano i cantari, cammarino e còmmodo” (Ibidem). C’è da aggiungere che in Il re di Girgenti, troviamo tanto ‘cammarino di commodo’, quanto ‘camarín de cómodo’, magnifico azzardo che traduce l’espressione vigatese in un inesistente spagnolo: “Macari quando il principe tornò dal cammarino di commodo, lavato e profumato, Gisuè non s’arrestò di mangiari e trincari” RG 29; “Zosimo venne chiuso in un cammarino con carta e penna: era l’unico in grado di fare i conti giusti per la spartizione” RG 199; “prendi el condenado e portalo nel camarín de cómodo che está cerca dello studio. Si deve desnudar y lavar” RG 101; “Nel camarín de cómodo, Gisuè stava dritto dintra la tinozza che serviva per il bagno” RG 102; “Si susì, andò nel camarín de cómodo, s’assammarò d’acqua, si rimise sotto le linzòla vagnata com’era” RG 103. Concludiamo trasferendo a Camilleri, e al suo vigatese, il giudizio che Tullio De Mauro dedica, con ammirazione, al componimento del Belli, e in particolare all’ultima terzina del sonetto appena citato, che gli appare come “un vero condensato di linguistica teorica” (LBDD 40): “Non si poteva esprimere meglio il rapporto che lega chi parla alla sua lingua, alle sue distinzioni e ricchezze espressive” (LBDD 41) (g.m. agosto 2022).