Chiacchiere e tabacchiere di legno
Chiacchiere e tabacchiere di legno
[parole chiave: ‘chiacchiere; tabacchiere/tabaccheri’]
L’espressione proverbiale ‘chiacchiere e tabacchiere di legno’ compare, per la prima volta, e in lingua italiana, in un’opera camilleriana pubblicata nel 1976, l’intervista impossibile a Federico II di Svevia: “Queste sono tutte chiacchiere e tabacchiere di legno” NIIM 68.
Il detto, diffuso nel napoletano e in Sicilia (Giorgio La Malfa, in Cuccia e il segreto di Mediobanca, lo attribuisce perfino a Enrico Cuccia, uomo notoriamente di poche parole e non amante delle chiacchiere e delle cose di scarso valore), ha alcune varianti quali, ad esempio: “Chiacchiere e tabacchiere di legno il Monte Santo non ne accetta in pegno”; “Chiacchiere e tabacchiere di legno il Banco di Napoli non prende in pegno”.
In tale senso l’intende anche Salvatore Attanasio che riporta la formulazione in siciliano, traduce e commenta: “Chiacchiri e tabaccheri di lignu lu Munti nun ’nni ’mpigna. Chiacchiere e tabacchiere di legno, il Monte (di Pietà) non ne accetta in pegno. Per tagliare corto a uno sproloquio, a promesse chiaramente infondate, a chiacchiere inutili e noiose” S. Attanasio, Parole di Sicilia. Frasi, espressioni, detti, paragoni, proverbi e “vastasate”, Milano, Mursia, 1977, p. 404.
Il Vocabolario siciliano del Piccitto alla voce tabbacchera/ tabacchiera, conferma: “fari çiàcciri e ttabbaccher’i lignu chiacchierare senza venire a capo di nulla [lett. ‘fare chiacchiere e tabacchiere di legno’]”.
Camilleri, in quel 1976 dell’intervista impossibile a Federico II, aveva già scritto (nel 1968) Il corso delle cose (poi pubblicato nel 1978) dove troviamo: “– E adesso mi dica. Questo delitto ha avuto una qualche ripercussione in paese? – Niente – fece Corbo. – Chiacchiere e tabacchiere di legno” CC 69. L’espressione tornerà, sempre in italiano, in Un filo di fumo, dove si legge che Garibaldi era andato in Sicilia “a contare chiacchiere e tabacchiere di legno” FF 70.
Bisognerà attendere il 2004 per avere una parziale versione in vigatese: “Ma dove stanno le prove? Che elementi abbiamo in mano? Chiacchiere e tabaccheri di ligno” PIM 320.
Si può facilmente comprendere come tale modo di dire si adatti alle ambasce di Montalbano, sia quando riflette sulle cronache quotidiane (“Si vippi di malavoglia il cafè, s’accattò un giornali, s’assittò, principiò a leggiri. Tutte chiacchiere e tabaccheri di ligno” DG 14), sia quando, nel travaglio di una difficile indagine, si accorge di non avere ancora scoperto niente che possa costituire una prova concreta: “considerò che tutte quelle che aviva fatte, in conclusioni, erano sulamenti chiacchiere e tabacchiere di ligno” CTE 245; “«Senti» lo ’nterrompì Montalbano «chiste sunno chiacchieri e tabaccheri di ligno. Annamo alla sustanzia: cu è ’sto don Rorò?»” CB 24”. Quest’ultima versione, interamente in vigatese, appartiene a un racconto pubblicato nel 2017, nel volume Un anno in giallo.
L’arco di tempo in cui il detto è proposto va, dunque, dal 1968 della stesura di Il corso delle cose, al 1976 della pubblicazione dell’intervista a Federico II di Svevia, per giungere al 2017 del racconto La calza della befana (g.m. ottobre 2020).